Introduzione
Gli anni Quaranta: l'esordio
Gli anni Sessanta: il ritorno alla pittura
Gli anni Settanta/1: la prima mostra
Giovanni Testori si dedicò giovanissimo alla pittura, considerandola uno degli strumenti privilegiati d'espressione per tutta la vita. I primi disegni autografi reperiti risalgono al 1941, mentre gli ultimi al 1993, pochi mesi prima dalla morte. La sua produzione pittorica, caratterizzata da un'estrema varietà stilistica e di soggetti, rispecchia le vicende alterne che segnarono la sua inquieta esistenza. Anche dal punto di vista tecnico Testori sperimentò acquerello, olio e acrilico e numerosissimi sono i disegni a inchiostro e a matita.
Quando intorno ai quindici anni Testori iniziò a dipingere il riferimento obbligato non poteva che essere l'esperienza degli artisti di 'Corrente', destinati a diventare amici e compagni di avventure artistiche e critiche. I suoi primi acquerelli e disegni furono pubblicati su alcune riviste del GUF, con cui collaborava come critico d'arte, e in alcuni volumi da esse promossi. Nel 1945 Testori realizzò venti disegni nati per illustrare una nuova edizione del volume 'Laude' di Jacopone da Todi. Tra i firmatari del Manifesto di pittori e scultori pubblicato nel 1946, Testori si fece compagno di ideali e creazioni artistiche di Renato Guttuso ed Ennio Morlotti, concependosi come pittore prima ancora che come critico. Sono questi gli anni di una serie di oli che si ispirano alle forme di Picasso e paesaggi dalla concezione spaziale spiccatamente cezaniana. Nel 1949 fu costretto a scialbare i quattro grandi affreschi realizzati sulle vele della cupola del presbiterio della Chiesa milanese di San Carlo al Corso, giudicati eccessivamente violenti nella loro geometrizzazione cubista. Le testimonianze di persone allora vicine a Testori confermano la decisione dell'artista di appiccare un rogo a molte delle sue opere proprio nel corso del 1949, con la volontà di cancellare ciò che fino a quel momento aveva prodotto. Tuttavia sono stati recentemente scoperti alcuni articoli che recensiscono una mostra personale di Testori realizzata presso la la Galleria San Fedele di Milano nell'aprile del 1950. L'abbandono della pittura da parte dell'artista non fu dunque una conseguenza immediata al fallimento della sua prima grande opera pubblica, ma una decisione maturata da lì ad un anno.
Dopo quattordici anni di silenzio figurativo Testori riprese la sua attività di pittore nel 1964, realizzando una serie di disegni nati da una relazione molto stretta con le opere letterarie che andava componendo. I rapidi disegni naturalistici fioriti ai lati delle parole nei manoscritti dell'opera poetica de 'I Trionfi' (1965), uscirono presto dai quaderni per diventare opere autonome. Nacquero così piccole serie di fiori, frutti e altri vegetali nonchè alcuni acquerelli di Tramonti che, carichi di materia spessa e colante, richiamano le forti suggestioni e lo stile evocativo del poema.
Tra il 1967 e il 1969 Testori continuò a sperimentare la tecnica ad acquerello affrontando il nuovo tema delle teste mozze, umane e animali. L'ossessione della figura della testa decapitata lo portò, nel 1968, alla realizzazione di una serie di 73 disegni a penna stilografica nati come corredo illustrativo al monologo teatrale che andava componendo contemporaneamente: Erodiade. Si tratta di opere in cui Testori raggiunge una brutalità descrittiva ai limiti della bestialità, enfatizzata dai fitti ed esagerati tratti ad inchiostro nero.
Se nel corso dei primi anni Sessanta Testori concepiva la sua opera pittorica in relazione con ciò che stava creando in ambito letterario, nel 1969 manifestò l'evidente volontà di ritornare a fare della pittura un'espressione autonoma, sperimentando in particolare l'uso dell'olio. La scoperta di quattro cataloghi autografi, conservati alla Fondazione Mondadori, ha permesso di ricostruire con chiarezza la successione delle opere di questa svolta. Tra lo scadere del 1969 e il 1971 Testori si dedicò alla realizzazione di un nucleo unitario di opere, concepite per essere esposte in occasione della sua prima mostra personale, allestita presso la Galleria Galatea di Torino. Si tratta di un corposo gruppo di tele legate all'ambito della boxe e una serie di nature morte dove i fondi bianchi ospitano figure dai toni accesi che emergono grazie a spessi strati di colore sovrapposti. Il risultato sono opere che assomigliano a pesanti bassorilievi di colore, spesse anche alcuni centimetri. Continua negli stessi anni la sperimentazione del disegno a matita, con alcune nature morte e, nel 1970, i bozzetti per i costumi di scena dell'opera cinematografica che stava scrivendo: Amleto.